Manca ancora una visione strategica di come garantire a medio termine la vita della zona euro, andando al di là delle sole garanzie che possono derivare da una maggiore austerità nei conti. Il vertice di Bruxelles per adesso, dopo una prima nottata di negoziati, ci consegna un’Europa politicamente più debole per la spaccatura con la Gran Bretagna, e un quadro di misure per i Paesi della zona euro che solo in parte pare condivisibile e all’altezza dell’emergenza.
Un buon segnale viene dalle misure decise per contrastare la crisi di liquidità. Vanno, infatti, nella direzione auspicata le decisioni di rafforzare il fondo salvastati, seppur non nella misura sperata, di anticipare l’entrata in vigore dell’ESM e di concedergli l’accesso a liquidità finanziata dalla BCE. Preoccupano invece le scelte fatte sul versante del coordinamento delle politiche economiche e di bilancio perché, al netto del merito, non tengono in considerazione il ruolo dei Parlamenti nazionali e di quello europeo. Un’inaccettabile mortificazione del principio democratico. Sarà importante vedere adesso se, da questa seconda giornata di vertice, vi saranno delle novità positive sul versante delle politiche di crescita, argomento al centro della discussione in corso. Se il vertice si concludesse senza misure credibili per la crescita sarebbe davvero il parto di un topolino.
Potrebbe tra l’altro trattarsi di una bolla di sapone se si considera il rischio di mancata ratifica da parte di alcuni Paesi. Solamente lunedì, alla riapertura dei mercati, capiremo realmente se queste prime parziali misure saranno in grado di scongiurare il crollo dell’euro. Ed il fatto che siano proprio i mercati a fare sempre da cartina di tornasole delle scelte politiche dovrebbe far riflettere sulle evidenti conseguenze negative prodotte da questi ultimi anni di selvaggia finanziarizzazione dell’economia e di debole leadership politica.